I giochi in legno Nidoramo raccontano storie. Storie piccole e grandi. Storie passate, presenti, possibili e ancora da inventare.
La prima storia ritrae un nido e un ramo. Che poi è una storia che accomuna tutti e che riguarda tutte le ere. Il nido è un inizio, un principio. La culla amorevole di ogni sguardo che germoglia. Il ramo è il luogo in cui lo sguardo si accresce. Funge da solido supporto esperenziale. Un orizzonte familiare e rassicurante entro cui, alternando il gioco con le azioni del quotidiano – suscitandole, perfino – si impara a conoscere e ogni altra cosa si apprende. Giocando si sperimentano le proprie capacità, si sfidano i limiti. E, giunti alle estremità del ramo, si spicca il volo.
Nel nido e nel ramo è racchiusa un’immagine ulteriore. Se il ramo rimanda alla materia – il legno – il nido esprime il modo – il lavoro manuale – col suo intreccio sapiente di sapienza e materia, quest’ultima offerta dalla natura, generosa come sempre, e grossolana. Altre storie si innestano qui. Una di queste è ancestrale come il mito e riguarda gli antichi mestieri. La cadenza del lavoro fatto con le mani che soppesano l’oggetto con cura e dedizione. Mani che incontrano il ramo, il tronco, la corteccia. La materia del legno odorosa di fasi lunari. E vi instillano forme, le geometrie tutte possibili, attuate con la rotondità irripetibile della lavorazione manuale. A coronare il disegno di nodi e venature, leggeri come spennellate di colore, altri materiali quali carta, stoffa e lana. Proprio come in ogni nido che si rispetti.
Il gioco e il giocattolo narrano una storia a sé. Antichi quanto e più delle piramidi e ovunque presenti nei continenti come utile pretesto di conoscenza, di relazione e di svago, sono un formidabile strumento pedagogico da un lato, e di piacevole sollazzo dall’altro. Si gioca da sempre e i giocattoli, come ogni altra cosa, cambiano nel tempo. Col trascorrere delle epoche anche il modo di giocare si perfeziona. D’altra parte, come in ogni altro ambito, anche in quello ludico ci sono aspetti che non mutano mai poiché l’uomo, e così il bambino, continuano ad essere uomo e bambino, oggi come allora. I giochi in legno Nidoramo raccontano questa di storia, la sfida del giocattolo “di una volta” a perdurare nell’epoca attuale, in cui tutto – e il giocattolo non fa eccezione – ha il sapore della tecnologia, lo standard dell’industria, la virtualità del digitale.
Il gioco in legno ha un sapore diverso. E’ il sapore di tempi e luoghi “di una volta”. Il sapore della semplicità; di azioni e finalità essenziali. Di forme concrete, gentili, e di materiali ecosostenibili; forme e materiali che ben concorrono a sviluppare manualità, socialità, immaginazione. Il valore di un giocattolo in legno sta soprattutto nella sua portata evocativa. Sia che provenga dalle abili mani di un artigiano o che sia una tavoletta reinventata da un bambino, costituisce un’ottima chiave per schiudere mondi. E’ un veliero per esplorare orizzonti, il bastione di un castello, un treno che corre su binari di fantasia. Semplici e traslati sono anche i suoi meccanismi. Una molletta da bucato diventa il grilletto di una balestra. L’intreccio di fili, la molla che sospinge in alto l’acrobata. Un semplice dondolo spalanca le porte alla prateria. I giochi in legno Nidoramo si nutrono di questi sapori e, ispirandosi in parte alla pedagogia montessoriana e alla scuola waldorf, ne inseguono di nuovi.
Tra i sapori dei giochi Nidoramo c’è quello del laboratorio in cui vengono creati. Un laboratorio piccolo, con macchine piccole, velocità ridotte – immerso nella campagna. E’ qui che Francesco e Anna vivono e lavorano, imprimendo colori e geometrie al legno, (e già questo, seppur mestiere, pare un gioco). Qui le storie germogliano, i giocattoli prendono vita e poi dal ramo il volo. Ovunque vadano portano con sé un po’ di questi boschi e campi, un po’ di grano, un po’ di canto di uccelli. Poiché di alberi e nidi è pieno tutt’intorno.
La penultima storia che i giochi Nidoramo raccontano è quella dell’incontro di Anna e Francesco. Che avviene in un boschetto, guarda caso; alla ricerca di un pallone, poiché anche quella volta il gioco c’entrava. Un po’ per caso – e come per gioco – diventano giocattolai. Francesco è laureato in Filosofia (con tesi: “Il lavoro manuale in Simone Weil”) e con l’amico Nicola Socciarello, entrambi autodidatti e “Figli di trottola”, si era già inoltrato nell’universo ludico e dato ampio corso a pialle, trapani, torni e trafori. Anna, arrivata in quel boschetto direttamente da Londra, si approccia al legno e al giocattolo col tramite del disegno: sue sono le spennellate, le idee, il design e le acrobazie di carta e stoffa.
Di storie da raccontare non rimane che l’ultima, una storia, come si vedrà, tutta da scrivere. Dal ramo, prima o poi, avviene il salto. Da figli si diventa padri e madri e si esce dal precedente nido per creare il proprio. Accade che Anna e Francesco danno alla Luce una piccola ed esigente collaudatrice di giocattoli. Da semplici giocattolai si fanno acquirenti. Da fabbricatori di gioco, giocatori. Alla continua scoperta di nuovi slanci, nuovi balocchi, inedite meraviglie. Questo, il salto dei giochi in legno Nidoramo.